“Da oltre trent’anni mi occupo di innovazione e competenze digitali nel settore privato e pubblico, come manager e consulente, come docente e promuovendo iniziative in campo nazionale, anche in ambito associativo. Attualmente coordino il programma Repubblica Digitale del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri.”
Conosco la tua attività da sempre, caro Giuseppe Iacono. Ma con tutto questo lavoro, perchè hai scritto questo tuo nuovo libro, “Le sfide della società onlife. I rischi della rivoluzione digitale e le competenze indispensabili per affrontarla”?
“Mi ha spinto la convinzione che in questo periodo di profonda trasformazione connessa all’evoluzione tecnologica, soprattutto per la pervasività crescente dell’intelligenza artificiale, in questa dimensione di società onlife, sia necessario considerare essenziale la centralità della persona e quindi delle sue competenze e della sua consapevolezza.”
Il tema delle competenze digitali è da sempre uno dei temi più importanti, nel nostro Paese. Secondo i dati Istat pubblicati a fine 2023, il 54% degli italiani non ha nemmeno le competenze digitali di base.
“È fondamentale che le competenze digitali siano diffuse tra la popolazione e tra i diversi livelli organizzativi e politici, tra i principali attori del sistema educativo. E l’urgenza è data dal fatto che oggi non è così, soprattutto in Italia: l’attenzione alle competenze, nonostante alcune iniziative che vanno in questa direzione, come il programma Repubblica Digitale, è ancora insufficiente rispetto alla necessità che abbiamo.
Che cosa occorre, a tuo giudizio?
“Ci vogliono maggiori investimenti, legati ad un disegno organico che veda questo tema in una prospettiva ampia e di lungo termine. Con urgenza, appunto, perché non abbiamo ancora molto tempo per far sì che lo scenario che si costruisce sia quello desiderabile e sostenibile che vogliamo, e non quello che si sta configurando, di divaricazione delle disuguaglianze, di confinamento dell’Italia e dell’Europa nel ruolo di semplici consumatori di tecnologie, di progressivo allontanamento dalla capacità di guida e governo dell’evoluzione tecnologica e delle trasformazioni digitali.”
In questa prospettiva, a quale pubblico ti rivolgi con il tuo libro?
“Ho cercato di scrivere un libro che potesse essere di agevole lettura e non dedicato ad addetti ai lavori, fruibile a un pubblico vasto. Naturalmente mi rivolgo prima di tutto a chi ha un ruolo nei processi di cambiamento della società, quindi ai formatori, agli specialisti, agli studiosi e agli studenti di gestione del cambiamento e di gestione delle risorse umane, ai professionisti della comunicazione, ai manager pubblici e privati, incluso il Terzo settore, e ai policy e decision maker.”
Una sorta di arca di Noè del digitale…
“Sono gli attori che possono dare un maggiore contributo a rendere centrale il tema delle competenze negli interventi pubblici e privati che progettano e in cui sono coinvolti e considerarlo fattore abilitante per la trasformazione digitale…”
…per poterla affrontare nel migliore dei modi e, almeno come obiettivo, senza lasciare indietro nessuno…
“La sfida che abbiamo davanti è quella di costruire le condizioni per uno scenario socialmente desiderabile e sostenibile.”
Come pensi si possa vincerla?
“Evitando di adattarsi alle necessità del mercato delle tecnologie, sollecitando la partecipazione collettiva dei cittadini e ponendo le leve del governo della rivoluzione digitale al servizio del bene comune.”.
Obiettivi ambiziosi…
“Per raggiungerli è necessaria un’acquisizione adeguata di consapevolezza digitale da parte dei cittadini, delle amministrazioni pubbliche, delle aziende, della politica, con una cultura diffusa di e-leadership.
Nel libro ho cercato di delineare alcune azioni di trasformazione che a mio avviso dovrebbero essere avviate al più presto, sulla base di una strategia e una regia organica e un forte ruolo del territorio.”
Ho letto che indichi quattro percorsi possibili…
“È così. Il primo prevede di definire una politica industriale che, in un contesto in cui molte PMI oggi non riescono a fare un adeguato utilizzo del digitale, si centri sullo sviluppo di ecosistemi territoriali di innovazione; il secondo prevede di intervenire sul sistema di istruzione inserendo l’insegnamento della disciplina ICT sin dalle scuole primarie e al tempo stesso rendendo strutturali modelli di didattica innovativa basati sul gaming e sul lavoro collaborativo.”
Già questi due obiettivi da soli sono altamente sfidanti…
“Il terzo prevede di costruire realmente un sistema di apprendimento permanente che poggi su un’infrastruttura ibrida, fisica sul territorio a partire dai punti di facilitazione digitale e online, con piattaforme che grazie all’intelligenza artificiale possono permettere un approccio personalizzato e la costruzione di efficaci palestre di apprendimento continuo; il quarto, infine, si articola intorno alla realizzazione delle pratiche del governo aperto, della partecipazione, in modo anche che le regole che via via si vanno definendo possano essere frutto di processi partecipativi e accompagnate da un reale cambio culturale.”
A che punto siamo? Non mi sembra si sia proprio all’anno zero…
“In alcuni casi si tratta di percorsi con azioni già avviate e da sostenere, in altri casi invece si tratta di cambi di rotta che mettono al centro la persona. In tutti i casi ciascuno di noi, nella propria attività lavorativa e sociale, può contribuire in modo significativo.”
Al riguardo, hai citato prima il programma Repubblica digitale. Come sta procedendo?
“Repubblica Digitale rappresenta, anche a livello europeo, un’iniziativa di riferimento nell’approccio strategico a temi trasversali come quello delle competenze digitali, secondo i principi dell’organicità, dell’integrazione e della modalità multistakeholder.
A fine 2023 è stato pubblicato il rapporto annuale di monitoraggio e una nuova versione conseguente del piano operativo della strategia nazionale per le competenze digitali, che include nuove azioni sulle aree più deboli e valorizza l’organicità tra azioni nazionali e regionali e tra queste e le iniziative delle organizzazioni che aderiscono alla Coalizione Nazionale per le competenze digitali.
Quante sono queste organizzazioni aderenti?
“Orrmai oltre 270. Con il nuovo piano e anche con il supporto di comunicazione che ci viene dal nuovo sito di Repubblica Digitale https://repubblicadigitale.gov.it, in corso di integrazione con la piattaforma europea https://digital-skills-jobs.europa.eu/en, crediamo siano state poste le condizioni per un impatto significativo sul tema delle competenze.”
Risultati attesi?
“Ci aspettiamo arrivino già nella seconda parte del 2024 per alcuni progetti finanziati dal PNRR, come quelli sulle competenze digitali di base, che prevedono tra l’altro l’attivazione o il potenziamento di tremila punti di facilitazione digitale sul territorio.
Sempre nel corso del 2024 si svilupperanno anche altre iniziative, legate ai gruppi di lavoro tematici, come quelli sul gaming, sul divario di genere e sulle competenze specialistiche ICT.”
Nel libro ti soffermi sul tema della disinformazione e delle fake news. Siamo nell’anno elettorale più globale della storia, con quattro miliardi di persone chiamate al voto. Sei preoccupato?
“Credo sia molto elevato il rischio che la disinformazione abbia un ruolo sulla formazione delle opinioni e quindi dei risultati elettorali. Molto dipende anche dallo scarso approfondimento delle informazioni che circolano in rete e dalle carenti competenze anche informative della popolazione, di cui ho detto prima.
Da considerare inoltre che l’utilizzo delle applicazioni di intelligenza artificiale può aumentare questo rischio. La previsione di rendere riconoscibili i contenuti prodotti dall’IA è una buona strada ma oggi applicabile solo sperimentalmente e per autoregolamentazione.”
Stando così le cose, cosa suggerisci di fare?
“Penso si debba agire su tre versanti, oltre quello normativo, prima di tutto con uno sforzo significativo del settore pubblico e privato di sensibilizzazione, comunicazione e formazione per i cittadini mirato sul contrasto alla disinformazione, perché le competenze e la consapevolezza sono il maggiore strumento di contrasto, in secondo luogo sostenendo le iniziative come quella del consorzio IDMO dove la Rai ha un ruolo fondamentale, dando sempre più spazio e visibilità anche alle attività di fact-checking, infine coinvolgendo gli operatori delle piattaforme in questo sforzo di attenzione e sensibilizzazione.”