Capire chi sono realmente i NEET. Federico Capeci (Kantar) spiega la nuova ricerca “Shake The NEET”

Vogliono “imparare cose nuove” (90%), “fare qualcosa di creativo” (85%) impegnarsi in attività “che stimolano la mia creatività” (76%). Questi sono i quindicenni italiani, fotografati dal rapporto “Il pensiero creativo”, realizzato per la prima volta nell’ambito dell’indagine Ocse Pisa 2022 e presentato dall’Invalsi martedì 8 ottobre.

“Caro Antonio, – mi dice Federico Capeci, CEO di Kantar in Italia –  questi dati non mi stupiscono. I ragazzi sono molto diversi da come spesso ce li rappresentiamo.”

Condivido, Federico. Come si legge nel rapporto, il pensiero creativo è una delle competenze chiave di questo secolo. Tuttavia, se i nostri ragazzi sono così a quindici anni, una buona parte di loro si perde successivamente…

“So a cosa ti riferisci, intendi il fenomeno dei cosiddetti NEET, i giovani che non studiano e neppure lavorano.”

Sì. Da quando ti conosco, son quasi dieci anni, tu hai sempre cercato attraverso le tue ricerche e i tuoi libri, di conoscere e indicare modalità per entrare in relazione con i giovani e, di conseguenza, anche con i NEET.

“È così. È un aspetto che mi ha sempre sollecitato, ma ha anche suscitato la tua attenzione, da parlamentare prima e oggi con la tua Fondazione Pensiero Solido.

Diciamo che continuo anch’io a cercare di capire. L’Istat ci dice che nel 2023 i Neet, cioè i giovani tra i 15 e i 29 anni, erano il 16,1%. Le femmine sono più dei maschi: il 17,8% contro il 14,4%…

“I numeri dicono molto, ma non tutto. Per questo motivo abbiamo appena presentato, mercoledì 9 ottobre a Job evolution del Sole 24 Ore, lo studio “Shake The NEET”, condotto da Kantar per la Fondazione Ico Falck.”

Di che si tratta? Dove sta la novità rispetto ai dati Istat?

“Abbiamo voluto analizzare questa delicata questione da un punto di vista delle motivazioni. Non è una indagine quantitativa ma qualitativa, per dare profondità e capire le motivazioni psicologiche e spesso recondite che possono rendere Neet i giovani, andando oltre ai già noti fattori economici, sociali e formativi.”

Come avete realizzato questa ricerca?

“Abbiamo studiato una community di 75 Neet, stratificata oer cogliere diversi profili geografici, culturali, di istruzione e status di questa popolazione.” 

Quindi le storie personali erano paradigmatico dell’intero universo di questi giovani…

“Assolutamente. Abbiamo messo a fuoco le difficoltà che incontrano nel loro percorso verso il mondo del lavoro. Come lo intendono, le loro aspettative, le loro pregresse esperienze che li hanno spinti in un angolo, in una posizione di attesa o di disimpegno.”

Risultati del vostro lavoro?

“In base alle loro risposte, abbiamo suddiviso i Neet in sette cluster.”

Li vogliamo passare sinteticamente in rassegna?

“I “libertini” sono caratterizzati da spensieratezza e voglia di libertà. Vogliono godersi la vita, senza pressioni. Lavoro e carriera non li interessano come forse immaginiamo dovrebbero.”

Per poterselo permettere saranno supportati economicamente dai genitori, immagino. 

“Sì.” 

Andiamo bene…

“Ci sono poi i “disillusi”. Hanno rabbia e rancore verso il sistema, hanno spesso avuto esperienze lavorative negative. Per questo sono demotivati e portati a una visione pessimistica del lavoro, tendono a ritirarsi come forma di protesta.”

Proseguiamo…

“I “pretenziosi” hanno elevata autostima e consapevolezza dei propri diritti. Si aspettano di trovare subito un lavoro che rispecchi le loro aspettative, senza dover scendere a compromessi.”

Quindi rifiuteranno opportunità di lavoro considerate “inferiori” alle loro qualifiche….

“È così. Però…

Però?

“Mi rendo conto che il quadro che ho descritto finora sembra desolante, tuttavia credo che noi adulti dobbiamo fare lo sforzo di capire e di capirli, questi giovani, altrimenti li condanniamo a essere Neet a vita.”

Capirli o giustificarli?

“In questo caso il punto centrale è capire cosa si muove dentro di loro. Per poter agire sintonizzandoci sulla loro lunghezza d’onda, non sulla nostra.”

Procediamo con i cluster…

“Abbiamo i “pit-stopper”. Si sentono sicuri e soddisfatti, utilizzando il periodo da Neet come pausa di riflessione, un tempo per ricaricarsi e ponderare il da farsi, in attesa dell’occasione giusta. Decidono per un breve o lungo sabbatico, soessonprima ancora di cominciare a lavorare davvero. Opposti a loro sono invece i “fragili”. Sono ragazzi ansiosi, pessimisti, con bassa autostima. Si sentono inadeguati, sopraffatti dalle aspettative e dallo stress. Sono una fascia che arriva ai margini da una deriva, quella dell’ansia, che coinvolge tanti giivani.”

I fragili ricorreranno a un supporto psicologico, immagino…

“Sì, potendo o volendo farlo. Poi vi sono i “ritirati”. Sono giovani premurosi, spesso rinunciano per necessità familiari, sono caregiver, assistono familiari malati oppure sono giovani madri. Anche se la loro priorità è la famiglia, amerebbero poter tornare a lavorare. Spesso, ahimé, donne.”

Infine…

“Abbiamo i “disorientati”. Ragazzi dinamici, volenterosi, ma confusi e incerti sulla strada da prendere. Hanno molteplici interessi ma non riescono a decidere quale perseguire, per questo rimandano, esitano, non prendono decisioni. Il futuro per loro è un’incognita e il presente una grande incertezza.”

Alla fine di questo percorso, quali indicazioni ne avete tratto?

“La ricerca conferma che siamo davanti a una questione complessa, nella quale si intrecciano fattori psicologici, sociali, economici. Li abbiamo sintetizzati in un nuovo acronimo: Madei…

Spero che Madei non sia un ennesimo acronimo in inglese… 

“Tranquillo. Madei sta per Marginalizzazione, Ansia, Disillusione, Entitlement, Idea di lavoro. Solo Entitlement lo è… che è il sentirsi in diritto di qualcosa o verso qualcuno. L’approccio Madei è una chiave di lettura nuova per comprendere e affrontare il fenomeno. Solo così, mi ripeto ma è necessario, possiamo pensare a interventi più mirati, che coinvolgano tutti gli attori del sistema e che parlino una lingua che i neet possano capire.”

Vero è che in un Paese che invecchia avere milioni di giovani in questa condizione è non solo un’ingiustizia ma anche uno spreco. Come intendete proseguire? 

“Abbiamo alcune idee e stiamo portando avanti altre ricerche sui giovani e sui Neet, che comprendono anche il loro rapporto con la tecnologia. Le vogliamo approfondire con partner pubblici, privati e del privato sociale. Magari anche con la tua Fondazione Pensiero Solido…”

Antonio Palmieri